Di Ciro Varone (istruttore di tiro, maestro di karate 8° dan, istruttore krav maga)
L’autodifesa è una disciplina che molti insegnano con una certa leggerezza, tuttavia sapersi difendere realmente è una delle cose più importanti ma anche più difficili da realizzare, anche per i più esperti marzialisti.
Se difendersi efficacemente a mani nude è difficile, lascio immaginare quanto sia ancora più complicato farlo contro una persona armata di coltello.
Difendersi contro un avversario armato è molto difficile e pericoloso; per cui saper come programmare e dosare una sequenza attendibile d’intensità di allenamento è utile appoggiarsi ad un istruttore con molta esperienza professionale.
Quando ci alleniamo con un compagno in una situazione rilassata le sensazioni che si provano sono decisamente più limitate e meno stressanti di quando ci si trova nella realtà: chi ha avuto la sfortuna di essersi trovato in una situazione reale sicuramente concorderà con quanto sto scrivendo.
Per esempio la difesa da un attacco di coltello si differenzia molto da quella di un attacco a mani nude in quanto nel secondo caso “non abbiamo la possibilità di fare il rewind”, per questo motivo i nostri colpi devono essere efficaci, precisi, fulminei e risolutivi, come appunto lo è anche l’arma che ci troviamo di fronte, diversamente saremo spacciati ancora prima di iniziare!
Sapersi predisporre, con la posizione del corpo rispetto alla lama, con la giusta collocazione nell’ambiente circostante (ambientazione tattica), assumendo il giusto setting mentale determinerà la possibilità di sopravvivere o sopperire dinnanzi a tale evento, diversamente, tale mancanza ci indurrà ad esitare, a fare un spostamento sbagliato, ad indietreggiare o avanzare, e tutto ciò potrebbe “costarci molto caro”, pertanto è opportuno e fondamentale che l’allenamento contro l’arma sia più veritiero possibile, passando per gradi dai semplici coltelli di gomma morbida a quelli più duri a quelli di legno, a quelli di metallo, a quelli con shock elettrico, per poi arrivare a quelli veri, dove, con le dovute protezioni, si cercherà di ricostruire l’eventuale aggressione.
La dose, l’intensità e la “posologia” di tale esercitazione richiede molta esperienza da parte dell’insegnante che con pazienza e gradualità dovrà applicare tali esercizi, anche attraverso percorsi particolari di stress indotto, inoculando test di reattività psicofisica per verificarne l’eventuale apprendimento, ricostruendo tutte quelle situazioni tecniche/mentali stressanti che si verificano in determinati momenti.
Molto spesso, nei corsi di difesa ci si concentra quasi esclusivamente sulla tecnica d’attacco dell’avversario e troppo poco sul nostro stato emotivo e sulla capacità di improvvisazione, soprattutto in situazione reali: su questo ultimo aspetto è interessante notare che le nostre capacità difensive possono aumentare se, sia in allenamento che in situazioni di routine quotidiana, attiviamo la nostra mente a riconoscere il pericolo, a considerare il nostro aggressore non un semplice avversario sportivo, ma un nemico da fermare, allenandosi a lavorare sotto tensione con esercizi integrativi che in caso di sopraffazione possiamo adottare posizioni al suolo, dove sarà più difficile essere colpiti, ma sarà più agevole per noi scalciare e difendersi con le gambe.
Tale training mette in conto che durante una vera aggressione può accaderci di rimanere paralizzati dalla paura oppure gravemente feriti, per cui l’addestramento oculato dovrà insegnarci anche come riconoscere un colpo di coltello da un semplice pugno e, soprattutto, come impedire all’aggressore di colpire nuovamente!