di Ciro Varone )istruttore di tiro, karate 8° dan, Krav maga).
Molti psicologi e pedagogisti si sforzano di farci capire che fare sport non è uguale a diventare campione per forza, diventare un buon sportivo non è solo guadagnare tanti soldi, un approcio troppo professionistico genera nei ragazzi stress e insicurezza, la paura di perdere induce a ritirarsi prima ancora di giocare, nel suo libro il grande campione di tennis Agassi spiega molto bene questo suo odio per il tennis, indotto dal padre che pretendeva da lui grandi risultati.
“Agassi oggi è rimasto l’uomo e il campione -motivato da un non sradicabile senso di insicurezza- come scriveva De Jong in un noto quanto illuminante articolo del New York Times del 1995”.
Dopo un periodo di pratica sportiva, se non arrivano i risultati sperati, spesso, i ragazzi perdono interesse per l’agonismo e decidono di lasciare l’agonismo, a quel punto la sua società e/o il suo istruttore lo ritengono un “perdente “, per questo lo trascurano o lo rimpiazzano con altri giovani promesse, in tal modo, i giovani soffrono ancora di più e lo sport invece di essergli stato d’aiuto diventa fonte di delusione e debolezza e l’istruttore piuttosto che essere stato per lui un educatore e un punto di riferimento si trasforma in un altro adulto che non ha saputo capire i suoi problemi e le sue aspirazioni.
Come evitare l’abbandono precoce?
Gli insegnanti che hanno il compito di interagire con i bambini, devono essere formati con rigore scientifico e non con diktat, la loro formazione dovrà essere collegiale e interdisciplinare, solo in tal modo si acquisisce un metodo formativo/educativo, applicabile alle molteplici sfaccettature della complessa realtà contemporanea.
Dal canto loro i giovani hanno bisogno di essere motivati, hanno l’esigenza di programmare e stabilire gli impegni di concerto con la famiglia e la società sportiva, devono essere incoraggiati dalla famiglia e dalla scuola a partecipare e condividere esperienze sportive ma anche di crescita personale, in un ambiente stimolante ma non troppo performante, quindi hanno bisogno di praticare un’attività motoria completa ma non troppo strutturata e complessa, in cui ci si possa soprattutto divertire, essere seguiti da istruttori preparati che d’accordo con la famiglia condividono obiettivi sportivi ma soprattutto educativi.
L’esperienza sportiva positiva che i nostri ragazzi fanno praticando sport, può confluire nella vita di tutti i giorni, formando giovani forti fisicamente ma anche mentalmente, tali esperienze possono creare contatti, condividere idee, livellare diversità, portando il futuro cittadino a intraprendere un percorso di sviluppo personale che andrà a beneficio di tutta la collettività.