Di Francesco Zanardi (scrittore, istruttore e armaiolo della Polizia di Stato in congedo).
Con questo titolo non voglio ricordare quel mediocre “action movie” di parecchi anni orsono, il cui unico pregio era quello di vedere una giovane Ursula Andress che generosamente mostrava le sue grazie. Infatti, dal sottotitolo si evince ben altro.
Uno degli argomenti più dibattuti tra coloro che maneggiano le pistole, sia che le portano per motivi professionali, sia come semplici gli appassionati che si interessano di tiro operativo, riguarda proprio la condizione di porto della pistola.
Prima di continuare voglio però ricordare che quello che si definisce abitualmente come “Tiro Operativo” non è un’espressione buttata a caso, ma identifica una vera e propria forma di combattimento, che esula dalle attività di tiro sportivo o venatorio. Apprendere ed acquisire le tecniche di tiro operativo, qualsiasi esse siano, con qualsiasi arma corta o lunga si attuano, serve per portare a casa la pelle! … Non per vincere una coppa o procacciarsi una preda.
Qui stiamo parlando sia di sicurezza che di prontezza operativa e non comprendere questo concetto è per un Operatore della sicurezza, che sia un appartenente alle FF. AA. o di un istituto di vigilanza, una leggerezza imperdonabile.
Per un civile l’argomento potrebbe apparire un problema di minor conto ed in effetti lo è, a patto che non sia una persona costretta a portare un’arma per tutelare la propria incolumità e quella dei suoi cari.
Purtroppo capita spesso che le caratteristiche tecniche di una pistola non vengano colte in tutta la loro importanza dal suo utilizzatore, o peggio, nonci si prende la briga di volerle conoscere per pigrizia, pressapochismo e/o faciloneria. Nella mia ventennale esperienza come Istruttore di tiro questi sono degli aspetti che ho constatato fin troppe volte.
Tutto questo dove conduce? Conduce al non sapere sfruttare al meglio le possibilità che offrono le nostre armi per il loro impiego a 360° e, ribadisco, per un Operatore professionista questa è una grave mancanza che potrebbe anche risultare fatale.
Saper usare un’arma non si riduce solo ad inserire il caricatore, armare, prendere la mira e premere il grilletto. Se così fosse sarebbe capace di sparare anche un babbuino.
Durante la loro applicazione pratica le tecniche di tiro operativo sono influenzate da molte variabili, alcune sono strettamente vincolate alle situazioni di lavoro, altre sono puramente soggettive. Per questo il compito del istruttore non si può semplicemente riassumersi e tanto meno deve limitarsi, nel convincere i propri discenti a portare l’arma con la cartuccia camerata per una semplice questione di tecnica, ma è e deve essere quello di far comprendere l’indubbia utilità di farlo per la propria sicurezza.
Ma veniamo al dunque…
Facciamo un esempio con delle pistole simili in certe loro caratteristichetecnico-costruttive. Le pistole ad azione mista come le Beretta serie 92 (nelle sue versioni SB e FS, comprese anche le similari 96 e 98), la Ruger P95, la Sig Sauer serie P220 e derivate, eccetera, sono tutte armi che hanno in comune un congegno definito “leva abbatticane”. Questo congegno non è solo un congegno di sicurezza da inserire manualmente quando si vuole mettere l’arma in condizione di massima sicurezza, infatti, a ben vedere, con le altre sicure automatiche di cui dispongono non ce ne sarebbe nemmeno bisogno, ma la progettazione di tale congegno riguarda più precisamente un suo impiego operativo.
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Questa categoria di pistole sono nate per essere utilizzate con la cartuccia camerata e sfruttando lo scatto in doppia azione. Sono armi di concezione militare, nate per un impiego operativo semplice ed immediato, ma ancheper garantire una precisa sicurezza d’impiego in determinate condizioni.
Il loro congegno di sicurezza automatica applicato al percussore evita al 101% che si possano verificare degli spari accidentali in caso di caduta; per inteso: se queste pistole le buttate dal decimo piano di un palazzo, si rompono ma non sparano. In queste armi la sicura al percussore è sempre inserita e si può disinserire solo ed esclusivamente premendo fino in fondo il grilletto. Garantito e assodato.
Se abbiamo l’abitudine di portare la cartuccia camerata, questa condizione comporta una forza di trazione del grilletto che è circa il doppio rispetto a quella necessaria per lo scatto in singola azione, quindi, bisogna applicare una certa energia per esplodere il colpo, una pressione e una forza che molto difficilmente si possono esercitare inavvertitamente, anche in condizioni di forte stress emotivo. Un evento che invece si può verificare senza troppa difficoltà impugnando un’arma predisposta per il tiro in singola azione e senza la sicura manuale inserita. Sotto forte stress ed il combattimento ne è la condizione ad hoc, la contrazione delle dita, la perdita del controllo dei movimenti fini e della sensazione tattile sono fenomeni ampiamente probabili, per non dire certi ed è ormai riscontratoche in singola azione lo scatto rimane troppo leggero per permettere a chiunque di agire con sicurezza in una situazione concitata, in particolar modo quando un’aggressione o un conflitto a fuoco sono molto probabili se non imminenti. In tali situazioni ci vuole davvero poco ad esplodere un colpo, accade infatti che l’agitazione ci fa entrare in un “Loop”, un fenomeno mentale che interviene quando sotto forte stress si vanno a ripetere ossessivamente gli stessi comportamenti senza rendersi conto dell’errore che si sta facendo. Come è tristemente accaduto ad uno dei colleghi dell’Arma assassinati a Bologna nella strage del quartiere Pilastro.
Ora anche qui si solleveranno delle obiezioni e qualche appartenente alle FF.OO. mi dirà: ”con le pessime fondine che abbiamo, portare la pistola con la cartuccia camerata e la sicura disinserita è un’idea che mi piace, se mi prendono la pistola e poi me la puntano contro?” Questa è una domanda più che legittima ed il loro timore è più che giustificato, tuttavia ritengo che per prima cosa bisogna porsi sempre in una condizione tattica per evitare nel modo più assoluto di farsi disarmare, inoltre è accertato che l’eventualità di ritrovarsi la propria arma puntata contro è molto più remota di quella di ritrovarsi a premere il grilletto a vuoto.
Un consiglio lo voglio comunque dare, anche se va in po’ in contrasto che quanto sostengo da anni e con quanto ho appena esplicato: se proprio si vuole mantenere l’arma con la cartuccia camerata e la sicura manuale inserita, per sentirsi semplicemente più sicuri e per scongiurare ogni eventualità…
Ma ripeto e solo una vostra sensazione personale, il modo comunque ci sarebbe: esercitarsi continuamente ogni giorno, in “bianco”, nel estrarre l’arma e contemporaneamente, con un movimento del pollice e senza modificare la presa sull’impugnatura, disinserire la leva abbatti cane.
Esercitarsi estenuamente per fare in modo da rendere quest’operazione un gesto istintivo ogni volta che si afferra la pistola. Un allenamento quasi maniacale, che va ripetuto una decina di volte ogni giorno, sino a quando non ci rendiamo conto che questo gesto è divenuto un’azione istintiva.
Non dimenticate che in una situazione di stress il nostro cervello richiama automaticamente tutti quei comportamenti idonei nell’affrontare la situazione che stiamo vivendo e se mi addestro bene e costantemente, saranno questi movimenti, questi maneggi che ho assimilato ad essere richiamati del mio cervello.
Questo è l’unico modo per evitare che un nostro personale senso di sicurezza possa trasformarsi in uno sbaglio che ci potrebbe costare caro.
Inoltre, esercitandosi così avremo il doppio vantaggio di migliorare anche la tecnica di estrazione.
Ricordiamoci sempre che in certe condizioni di lavoro occorre avere dei nervi d’acciaio come pochi e più ci addestriamo e meglio affronteremo le situazioni di pericolo.
Portare sempre e comunque la pistola con la cartuccia camerata è l’unica forma mentis che ci permette di rispondere ad un’aggressione con una reazione efficace e veloce, anche usando l’arma con una mano sola.
Inoltre le moderne fondine hanno ormai quasi tutte dei congegni di ritenzione più che sicuri, che impediscono di farci sottrarre la pistola.
Pertanto il consiglio rimane è questo:
arma in fondina, cartuccia camerata e (se c’è) sicura manuale disinserita.
Fin qui abbiamo però trattato solo questa tipologia tecnica di armi corte, ma ora è il momento di valutare anche altre due categorie di pistole, progettate e prodotte seguendo delle altre scelte tecniche.
Iniziamo con le pistole più in voga al momento, ossia le “striker fired” (o “striker operated”) la cui più illustre rappresentante è la rinomata Glock austriaca.
Spesso si ritiene che le armi di questa categoria siano tutte dotate del medesimo meccanismo di sparo, ma questo è un errore grossolano. Infatti le “striker fired” si possono suddividere i ben cinque meccanismi di sparo diversi e quindi non sono tutte delle mere copie della Glock, ma rispondono a delle progettazioni ben specifiche e di conseguenza hanno delle caratteristiche leggermente diverse.
Ciò che le accomuna sono i medesimi congegni di sicurezza automatici, quello al percussore ed il disconnettore, ossia quel congegno che evita lo sparo se non a chiusura completa del carrello/otturatore. Queste si vanno poi ad assommare al congegno di sicurezza posto sul grilletto (per quasi tutte), che ne inibisce la completa trazione se non viene completamente premuto. Questo sarebbe di fatto l’unico congegno di sicurezza azionabile manualmente, anche se, in tempi recenti, in alcune pistole sono apparsi anche degli ulteriori congegni di sicurezza a leva sul fusto, che si potrebbero tranquillamente definire superflui.
Ebbene, le pistole “striker fired” utilizzate per difesa hanno senso se vengono portate con la cartuccia camerata. I loro particolari congegni di scatto, che per esplodere il colpo necessitano di una forza maggiore rispetto ad una singola azione, ma minore rispetto ad una doppia azione tradizionale, sono stati concepiti proprio per questo scopo, perché avendo uno scatto che richiede di esercitare sempre la stessa medesima pressione sul grilletto, una pressione di un peso sufficiente a scongiurare lo sparo accidentale involontario. Oltre tutto ne risulta agevolato anche l’apprendimento sul controllo della trazione del grilletto, non essendoci diversità tattili tra un colpo e l’altro.
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Il richiedere meno manipolazioni per il loro impiego fa comprendere maggiormente perché le pistole “striker fired” hanno avuto tutto questo successo, dovuto proprio al fatto che quando sono portate con la cartuccia camerata sono avvantaggiate sotto molti aspetti.
Nell’ultima, per così dire, categoria di pistole attinenti questo argomento possiamo collocare tutte quelle armi progettate per sparare solo in singola azione oppure ad azione mista (singola e doppia), ma senza un congegno di sicurezza abbatticane.
Per intenderci meglio si potrebbe parlare in realtà di due sottocategorie:
la prima comprende tutte quelle pistole strettamente derivare dalla Colt Governament (o 1911A1), quindi dotate di uno scatto in sola singola azione e di congegni di sicurezza manuali sul fusto;
La seconda riguarda invece tutte quelle dotate di scatto ad azione mista, ma anch’esse dotate di una sicura manuale sul fusto che blocca il cane in armamento (CZ, Tanfoglio, eccetera…).
Come ci si comporta con queste armi?
Con le pistole di derivazione Colt non c’è molta scelta. Quando si arriva al “dunque” si arma la pistola camerando la cartuccia e, quando necessario, c’è solo la sicura manuale a leva, laterale al fusto, da inserire per bloccare il cane. L’altro congegno di sicurezza collocato sul dorso dell’impugnatura è concepito per bloccare l’arretramento del grilletto, viene disinserito subito nel momento in cui si impugna la pistola. Quindi, in situazioni di pericolo, l’unico maneggio di sicurezza che garantisce la massima reattività, rimane quello di non collocare il dito sul grilletto e mantenersi pronti a disinserire la leva di sicurezza con il pollice… e questo, in certi contesti, è davvero poca cosa.
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Per queste ragioni con queste pistole sarebbe bene allenarsi ad inserire la sicura dopo aver camerato la cartuccia, pronti a disinserirla un attimo prima di sparare. Una manipolazione che si effettua semplicemente con un’azione del pollice, ma che resta comunque un gesto di una certa finezza che in condizioni di stress può non essere così semplice. Per ovviare a questo spiacevole imprevisto bisogna tassativamente addestrarsi con un’assiduità costante e continua.
La stessa analoga situazione la riscontriamo anche nell’altra sottocategoria, dove anche qui abbiamo solo la leva di sicurezza laterale al fusto da inserire per bloccare il congegno di scatto.
Tuttavia, le pistole come le CZ (che personalmente ritengo siano delle armi di prim’ordine) e simili, essendo dotate di un congegno di scatto ad azione mista, offrono anche un’altra possibilità operativa. Non essendo dotate, per la maggior parte, di una leva abbatticane, l’unico modo di poter sfruttare la doppia azione si può attuare eseguendo prima una manipolazione piuttosto particolare, uguale a quelle utilizzate per disarmare il cane nei revolver.
Ossia:
1. Inserire il dito indice della mano sinistra (viceversa per i mancini) tra il cane, in modo da trattenerlo ed il fusto. Attenzione! Non dobbiamo agire semplicemente sulla sua cresta, ma su tutta la parte interna del cane!
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2. Quindi, sbloccare il cane tramite la trazione del grilletto;
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3. Sempre trattenendo il cane, rilasciare completamente il dito dal grilletto;
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4. Riaccompagnare lentamente il cane in posizione di riposo, o anche sulla sua prima monta.
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Eseguendo correttamente questa serie di azioni la sicurezza automatica sul percussore eviterà in ogni caso qualsiasi rischio.
Ovviamente un tale maneggio NON E’ da effettuare di fretta e/o nell’eccitazione di una situazione di pericolo!
Questo è però l’unico modo per sfruttare la doppia azione in questa sottocategoria di pistole….
Non è finita qui, ma riprenderemo il discorso in una seconda parte…